Il tempo dei non fumatori

Il tempo dei non fumatori

Uno degli aspetti meno discussi del tabagismo è la trasformazione della percezione del tempo. Durante una recente vacanza con amici fumatori, mi sono ritrovato a riflettere su come il tempo e lo spazio vengano vissuti in modo profondamente diverso da chi fuma e da chi non fuma più.

Il tempo che si dissolve in fumo 

Cercando tra studi scientifici e ricerche, troviamo pochi dati concreti su questo fenomeno. Uno studio divulgativo della Benenden Healthcare Society stimava che, in media, un tabagista trascorra almeno 5 mesi della propria vita in pause per fumare. 

Facendo un calcolo personale: se una sigaretta dura circa 5 minuti e metà delle sigarette quotidiane sono accompagnate da un momento di pausa, nei miei 20 anni da fumatore ho trascorso approssimativamente 253 giorni in pausa. Più di otto mesi di vita dissolti insieme al fumo. 

La paura del vuoto 

Chi intraprende il percorso di smettere di fumare si trova inevitabilmente a confrontarsi con questo tempo “liberato” e spesso emerge una domanda inquietante: cosa farò con tutto questo tempo? Dietro questa domanda si nasconde un timore più profondo: la paura di trovarsi senza quel momento che, nella percezione del fumatore, rappresentava l’unica parentesi di gioia o relax nella giornata. 

Eppure, contrariamente alle aspettative, questo vuoto temuto raramente si manifesta. Perché? 

Un tempo più autentico 

Smettere di fumare non significa semplicemente eliminare un’abitudine, ma rappresenta una trasformazione più profonda: significa assumersi la responsabilità di ESSERE più presenti nella propria vita. Questo passaggio apre le porte a gratificazioni più complesse e autentiche, e offre l’opportunità di imparare finalmente a gestire emozioni che prima venivano sedate o mascherate dalla nicotina. 

Il tempo liberato dalle sigarette non deve necessariamente essere riempito di “qualcos’altro”. Può semplicemente essere riempito di vita. Di presenza. Di consapevolezza. 

Una nuova geografia dell’esistenza 

Non è solo la dimensione temporale a cambiare, ma anche quella spaziale. Il fumatore vive in una geografia particolare, fatta di spazi designati, balconi, aree all’aperto, zone fumatori. La sua giornata è scandita da questi luoghi, da questi momenti di separazione. 

Chi smette scopre una diversa continuità dell’esistenza, in cui il flusso delle attività non è più interrotto dalla necessità di isolarsi per fumare. Gli spazi diventano più fluidi, i confini meno definiti.

Il paradosso del fumatore 

“Nemo propheta in patria est” (nessuno è profeta nella propria patria), mi ritrovo a pensare osservando i miei amici fumatori. Come ex fumatore, è impossibile non notare il paradosso: ciò che il fumatore percepisce come un momento di libertà è in realtà una catena invisibile che lo vincola a rituali, tempi e spazi predefiniti. 

Il vero spazio di libertà si apre proprio quando ci si libera da questa dipendenza, quando il tempo torna ad essere un continuum non più frammentato dal bisogno della prossima sigaretta. 

Il tempo è importante. E come ci ricorda magistralmente Ivano Fossati nella sua canzone “C’è tempo”, esiste “un tempo perfetto per fare silenzio, guardare il passaggio del sole d’estate e saper distinguere il rumore di una foglia che cade da quello di un passo”. 

Forse è proprio questo il tempo che si ritrova quando si spegne l’ultima sigaretta: un tempo più pieno, più presente, più vivo.